Quale apparve ai miei occhi, in quell’ora meridiana, esso mi sembrò un gioioso opificio di sapienza (Umberto Eco)
“Ora et Labora et Lege”, quando mi si parlava di frati benedettini era questo che immaginavo: monaci intenti a svolgere minuziosamente i compiti dettati dalla Regola, mi aspettavo di trovarmi in una biblioteca inaccessibile con un grande e misterioso scriptorium dove pazienti amanuensi conservano e tramandano la cultura, in un’atmosfera un po’ noir (complice la lettura del “Nome della Rosa”). La giornata trascorsa all’Abbazia di Montecassino, invece, mi ha fatto scoprire una realtà molto diversa. Il tepore di una soleggiata giornata d’ottobre mi ha accompagnata nella visita al complesso, regalandomi sin dall’arrivo scenari straordinari. La maestosità del monastero mi ha affascinata subito e, se non fossi stata edotta sulla sua recente ricostruzione, sarei stata certa di trovarmi davanti ad un monumento costruito secoli addietro. L’Abbazia, infatti, quasi rasa al suolo dai bombardamenti degli alleati del 1944, fu ricostruita nel dopoguerra grazie al costante impegno dell’Abate Rea che la volle “dov’era, com’era”.
L’intero complesso è mantenuto in maniera eccellente, ho ammirato in particolare il chiostro che si affaccia sulla prospiciente pianura, i giardini ed il museo. Quest’ultimo merita particolare attenzione, esso raccoglie reperti che vanno dal VI sec. a.C. sino ai giorni nostri ed è suddiviso in tre sezioni (archeologica, medioevale e delle miniature). Il museo è molto ben organizzato, durante la visita, sono stata impressionata dalla discrepanza tra il fasto dei mosaici e degli arredi esposti e la rovina mostrata dalle immagini del dopoguerra (nella relativa sezione museale). Non bisogna dimenticare, ovviamente, la natività del Botticelli, esposta in un’ambientazione degna di un tale capolavoro.
Altro momento toccante è la visita alla cattedrale, anch’essa ha seguito le sorti di distruzione e ricostruzione dell’Abbazia succedutesi nei secoli. Presso l’ Altare Maggiore sono custodite le spoglie di San Benedetto da Norcia e di Santa Scolastica (sua gemella).
Visitare l’abbazia è stata un’esperienza molto coinvolgente; da guida turistica presso la Certosa di Padula, ho potuto ritrovare nella casa benedettina lo stesso senso di pace che sempre mi ispira il cenobio certosino. I due ordini, pur avendo la stessa anima, sono tra loro profondamente diversi: la vocazione certosina è molto più eremitica e contemplativa rispetto a quella benedettina, che pure essendo molto attenta alla vita spirituale e di preghiera, dà notevole importanza al lavoro, manuale ed intellettuale. Tale diversità si riflette nelle architetture dei rispettivi monasteri ma, in entrambi, il visitatore è rapito dall’aura di misticismo e grandiosità di due ordini che per secoli hanno influenzato la cultura dell’Europa intera.